Prima serata su Canale 5, in breve la trama: Da quando Slim (Jennifer Lopez) ha incontrato Mitch (Bill Campbell), un ricco e affascinante imprenditore, la sua vita appare paradisiaca. Si è sposata, ha una bella casa e una bambina, Grace (Tessa Allen). Tutto fila liscio fino a quando Slim non nota nel comportamento del marito delle stranezze.
Si rende ben presto conto che Mitch ha una doppia personalità ed è capace di fare molto male alle persone che gli sono vicine, dietro l’aspetto del tranquillo padre di famiglia si nasconde un uomo sinistro e manipolatore. Per proteggere se stessa e soprattutto la piccola Grace decide di scappare e cambiare identità. Purtroppo Mitch non sembra rassegnarsi all’idea di lasciarla in pace e Slim cambia tattica, smette di fuggire e combatte con tutte le sue forze.
Tentativo filmico di analisi del difficile rapporto psicologico che si instaura fra vittima e persecutore, uno dei meccanismi sociali decisivi che costringono le donne a una posizione subordinata agli uomini.
Si parte proprio da una frase detta al marito, dalla protagonista: “ Hai detto che ero al sicuro con te…” che evidenzia come esista una particolare situazione che rende la donna, ancora ai nostri giorni, più fragile e dipendente dall’uomo.
Del resto, è comprensivo se si pensa che per molte migliaia di anni, nella storia evolutiva della nostra specie, non avere un marito/padre accudente ha rappresentato un reale pericolo di morte.
Infatti le parole del film sottolineano questo tipologia di dipendenza: “Non posso picchiarti? Credevo avessi capito, i soldi li porto a casa io e quindi detto io le regole”!
La violenza subita per amore è molto sottile è una tortura emotiva, un tentativo violento di “distruzione morale” dell’altro.
E’ tanto più grave perché si sviluppa all’interno di rapporti affettivi e provoca un danno nella dimensione della fiducia, sia verso se stessi che verso gli altri.
Il film avrebbe dovuto tenere alto il suo tentativo di analisi procedendo di pari passo con l’evoluzione del personaggio femminile che lentamente prende coscienza della situazione, reagisce e combatte per trovare una soluzione.
In realtà d’ora in avanti la narrazione filmica diventa surrealmente esagerata, paradossale e poco credibile, Jennifer Lopez non si rivolge alla polizia, alle istituzioni sociale, non si fa aiutare da amici, ma si trasforma in brevissimo tempo in una combattente che affronterà solitaria giustiziera la situazione fino all’eliminazione fisica del marito.
Ed è questo che fa fallire l’intento del film, la veloce trasformazione della Lopez che apprende il Krav Maga, l’arte marziale sviluppata dall’esercito israeliano per permettere alle soldatesse di difendersi nei corpo a corpo più difficili. La protagonista infatti ne usa la tecnica e la filosofia, che fa appello alle proprie risorse interiori, per difendersi dal marito nel corso dello scontro finale, quello che potrebbe finalmente renderle la libertà.
Argomento molto sfruttato per una pellicola poco interessante, che ci lascia nella mani del motto: “occhio per occhio…” decisamente poco educativo. Dal maltrattamento si esce perché non si è più vittima, ma donna in stato di temporaneo disagio, che può riappropriarsi della propria vita, anche senza ricorso alla violenza.
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