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by Loretta Dalola

EXIT e il conflitto LIBICO

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Temi di attualità e problemi quotidiani del cittadino, nel programma condotto da Ilaria D’Amico: Exit uscita di sicurezza in onda sulla 7, con approfondimenti, inchieste, interviste, dibattiti. Nella puntata odierna gli ospiti aprono un dibattito sulla guerra in Libia, vista però da una prospettiva tutta italiana. Gli interessi del nostro Paese, le paure dei cittadini e la questione del nucleare dopo che la tragedia in Giappone ha aperto dubbi e interrogativi sul suo effettivo utilizzo anche in Italia. Abbiamo sbagliato quando firmammo il trattato di amicizia o adesso che la bombardiamo?

Il conflitto in Libia, iniziato qualche giorno fa apre scenari tutt’altro che chiari anche per il nostro paese. Due le questioni su cui riflettere: l’emergenza immigrati a Lampedusa, che in poche settimane ha praticamente raddoppiato i suoi abitanti e la possibile via di ingresso degli estremisti islamici;

Mentre piovono bombe sulla Libia a Lampedusa continuano gli arrivi dei barconi e la corsa contro il tempo per i trasferimenti.  “Qualcuno” invece, prevede una nuova ondata di terrorismo islamico. “No alle violenze ingiustificate e alle derive del fondamentalismo islamico” dice il premier Berlusconi che ha dichiarato di essere “molto preoccupato”. Quello che sicuramente desta preoccupazione è che nonostante la collaborazione generosa degli isolani la situazione sta sfuggendo di mano. In aumento il rischio di un’epidemia che non e’ poi un’ipotesi remota perche’ non hanno acqua per lavarsi e vestiti per cambiarsi. Trascorrono la giornata all’aperto e di notte dormono all’addiaccio.

Ma non basta, al  disagio si aggiunge la paura che tra le persone che sbarcano ci siano degli infiltrati, almeno  questo è il continuo messaggio che “qualcuno” diffonde, oltre alla evidente insofferenza verso la questione umanitaria, come si evince  dalle parole di Luca Zaia che ha lanciato la proposta di cacciare i falsi profughi col telefonino e scarpe firmate che approfittano del conflitto per sbarcare sulle coste italiane .  A Lampedusa, ha detto il governatore del Veneto, sono arrivati anche tunisini “con le scarpe da ginnastica firmate, il giubbottino all’occidentale e il telefonino in mano, di sicuro non è gente che può chiedere asilo politico”. Motivo per cui “vanno espulsi” subito.  Coerenti fino alla fine.  Si vantano anche di aver scongiurato il problema dell’immigrazione con il trattato libico, forse perché il lavoro sporco, ovvero il blocco della partenze, era stato affidato alla sensibilità di Gheddafi? Lo stesso che ora ha scatenato una guerra civile e che nei giorni scorsi ha usato anche bombardamenti aerei sulla folla per reprimere le richieste di democrazia e libertà? Il governo italiano sta pasticciando, in modo imbarazzante, su un tema delicatissimo. Ministri che dovrebbero star zitti cianciano e si contraddicono, mentre partecipiamo ad una guerra quasi scusandosi. Abbiamo messo a disposizioni le basi, abbiamo fatto levare in volo gli aerei militari, salvo accorgerci che non esisteva un comando comune. Sembra il festival dell’approssimazione e dell’incoscienza.

Non dobbiamo più scegliere  fra guerra e pace (oramai è guerra), ma fra una politica consapevole, con scelte ragionate  e un’accozzaglia di propagandisti guidati dal caso. I movimenti spontanei del Nord Africa sono moti per la libertà che non credo c’entrino nulla con il terrorismo, sono la reazione alla disperazione e all’esasperazione di un prolungato periodo di dittatura. I libici non sono  contro l’Occidente che guardano come esempio di speranza.  In Libia è in atto un processo di destabilizzazione che crea preoccupazione ma non è collegabile al terrorismo. Gli insorti reclamano solo la libertà. Finita la guerra, poi, quale sarà il ruolo dell’Italia al tavolo dell’energia, ora che la catastrofe giapponese ha messo in ginocchio il progetto del nucleare? La crisi libica scompagina la politica italiana, tra un interesse nazionale messo in crisi dal protagonismo francese e le paure dei cittadini di un’invasione di profughi.

Mentre scende la notte su Lampedusa e si dorme all’aperto. Il  mare è calmo  sotto il cielo aperto della Sicilia.  Degli uomini attendono di sapere quale sarà il loro destino.

Sono tanti, e chi decide del loro futuro è seduto dietro ad una scrivania. Che fine faranno tutti questi sbarcati e gli altri che sbarcheranno a Lampedusa?

2 thoughts on “EXIT e il conflitto LIBICO

  1. Da noi stiamo assistendo al festival dell’ipocrisia. Chissà se mai apriremo gli occhi e manderemo tutta questa gente a quel paese. Mi hai fatto ricordare un monologo di Paolo Rossi, il suo sogno all’incontrario, dove Bossi andava in Africa ed era trattato male dai razzisti africani.
    Bello, come bello il tuo post. Complimenti Loretta.

  2. grazie mi fa piacere la tua approvazione – purtroppo l’avrei preferita su altri argomenti magari più leggeri e che rispecchiassero la serietà dell’Italia, pazienza e alla prossima.

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