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by Loretta Dalola


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Antonello da Messina


Sky-Arte-HDA Rovereto ha sede il MART, uno dei musei di arte contemporanea più importanti d’Italia. In questo luogo architettonicamente ampio e luminoso, si è conclusa da poco la mostra dedicata ad un artista siciliano che con il suo stile si è fatto interprete di un vero e proprio fermento creativo: Antonello da Messina.

In esclusiva per Sky arte  il racconto televisivo del percorso espositivo che si caratterizza per l’eccezionalità delle opere esposte e per l’inedita ampiezza cronologica dei confronti proposti. Uno sguardo originale sulla figura del grande pittore del Quattrocento, che si concentra anche sulla profonda analisi dell’intelligenza poetica dell’artista che lo porta ad essere un singolare interprete dell’incontro trMART_Rovereto_Mario_Bottaa due culture opposte: il realismo fiammingo e la forma espressiva italiana.

Nasce da una periferia – ci racconta il curatore della mostra, Federico De Melise questo implica la sua voglia di aggiornamento culturale e stilistico che lo porta a un’esplorazione continua e lo rende molto moderno”.

Antonello da Messina (1430-1479), nasce come Antonello di Giovanni d’Antonio, ovviamente nella città siciliana. Il Regno tardo-medievale di Napoli comprende anche la Sicilia, ed è in questo clima di transizione culturale che avviene per lui il passaggio al Rinascimento.  ” Nasce in Sicilia, da un ambito stilistico culturale molto influenzato dalla Spagna  e dalla pittura fiamminga, approda dalla Sicilia a Napoli dove di fatto si forma” e impara l’arte della pittura ad olio, affermandosi come uno dei pittori più brillanti del Quattrocento.

Curioso, intraprendente, molto siciliano, formatosi da questo punto di vista su una “cultura arretrata”, si innesta immediatamente nella corrente dell’arte europea e all’incontro con le grandi novità prospettiche dell’arte italiana. È da questo suo continuo peregrinare, che nasce dalla volontà incontenibile di aggiornamento stilistico che cresce, matura, e inventa una forma di sintesi pittorica. Diventa il punto di raccordo per l’Italia meridionale e il resto del mondo. Da quello fiammingo a Piero della Francesca. Quindi, punto di contatto tra nord e sud, capace di produrre una soluzione personalissima, e costringendo tanti suoi colleghi a confrontarsi con lui.

07 antonello da messina - madonna bensonConosciuto al grande pubblico per i suoi ritratti, Antonello da Messina è un artista che ha davvero tanto da raccontare. La sua vita è stata ricca di esperienze e di viaggi che hanno contaminato il suo stile rendendolo unico e inconfondibile. Convenzionalmente, quando si parla di Antonello da Messina, si pensa a un grande ritrattista, però questa qualifica va  spiegata meglio, perchè il suo modo di presentare i volti, ci dice che non si tratta di un ritrattista in senso realistico. Questo genere, serve ad Antonello per sviluppare la sua estetica espressiva e la sua intelligenza creativa, in grado di investigare le sfumature psicologiche e le caratteristiche più intime dell’essere umano; nel ritratto ritroviamo molti riferimenti all’arte fiamminga come la posa di tre quarti, il parapetto usato come divisorio tra il soggetto e lo spettatore, il trompe-l’oeil, il fondo scuro che spinge la figura verso l’osservatore così da creare un dialogo intenso e mai banale. È in questo particolarissimo modo che,  Antonello affronta una gamma straordinaria di espressioni facciali. E i volti che rappresenta hanno sguardi intensi, accennano a sorrisi, cercano la complicità con lo spettatore e infondono stupore e mistero.

La mostra di Rovereto, grazie all’allestimento rivoluzionario colloca le opere del grande artista in un’esibizione piena di sostanza, una nuova lettura del percorso artistico del maestro, con molti prestiti internazionali,Antonello_da_Messina_026 a cominciare dalla “Madonna di Benson” , esposta alla National Gallery di Washington. Un’opera che ha avuto una storia particolare. Fino agli inizi del ‘900 si riteneva fosse di altri pittori, fu attribuita ad Antonello da Messina solo nel 1913 e lo studio approfondito dell’opera ha rilevato che il mantello rosso che avvolge il Bambino, e il paesaggio nella zona di sinistra sono in gran parte stati ridipinti.

Il viaggio museale propone al visitatore e al telespettatore  uno studio articolato e una lettura innovativa della figura di Antonello da Messina attraverso l’analisi del contesto storico in cui nasce e vive, dei suoi esordi come pittore dapprima a Napoli e poi a Venezia. Momenti topici dell’iter stilistico dell’artista. Per la giovinezza, l’opera cardine è la Crocifissione di Sibiu – 1460 – dal nome della località in Transilvania dove era collocata fino al 1948, divisa in due piani di lettura, quello inferiore fiammingo e quello superiore di chiaro stile italiano. Un’opera emblematica della doppia anima dell’autore.

165-458px-Antonello_da_Messina_061A seguire il Salvator Mundi – 1465 – il Cristo Salvatore è raffigurato oltre un parapetto ligneo e su sfondo scuro, secondo la maniera fiamminga con la particolare luce calda e dorata che modella la figura scoprendone i particolari più minuti, come i delicati peli della barba o i riflessi sui ricci dei capelli. Poi la mano parallela al petto, raddrizzata in un secondo momento pittorico, fende l’aria, creando attorno a questo blocco umano una situazione spaziale che coinvolge appieno lo spettatore.

E poi c’è  lei: l’“Annunciata”, il capolavoro di Antonello da Messina che secondo gli storici dell’arte esprime “per bilanciamento dei rapporti tra forma, colore e luce, un’idea di spazio del tutto nuova nell’arte europea” e che per la sua modernità rappresenta un punto epocale di svolta nella pittura. Un volto inafferrabile, nel quale troviamo un lato ignoto di noi stessi. Un volto contemporaneo.  Una visione del tutto originale, dove, perduta ogni connotazione mistica la Madonna torna ad essere una donna in carne ed ossa. La mano destra, che diventa il momento centrale del dipinto,  è protesa in avanti, appena sollevata dal tavolo dove stanno il leggio ed il libro. Con quel gesto Maria sembra voler dire a se stessa “così sia” mentre  con l’altra mano chiude il velo sul seno, a voler serbare per Dio il suo spazio più intimo.

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L’opera rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura rinascimentale italiana. L’assolutezza formale, lo sguardo magnetico e la mano sospesa in una dimensione astratta ne fanno un capolavoro assoluto.


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Antonioni, pittore dello schermo


Che-Tempo-che-faL’arte raccontata dal professor Flavio Caroli all’interno del programma Che Tempo che Fa condotto da Fabio Fazio ci conduce dentro il mondo del regista Michelangelo Antonioni, al quale, Ferrara, sua città natale, dedica una mostra,  “Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti”  a Palazzo dei Diamanti.  Il quesito posto del professore è, quanto ha dato la pittura al cinema di Antonioni e quanto ha preso?

Non solo regista ma artista completo: pittore, scrittore capace di far dialogare nel suo cinema diversi linguaggi. Autore di un raffinato cinema dlo-sguardo-di-michelangelo-antonioni-e-le-arti_2956_headeri sguardi, sensibilissimi. Antonioni amava la pittura e l’ha fatto vedere subito nei suoi film come per esempio ne “La Notte” del 1961 dove l’abbondante omaggio alla pittura è sottolineato dai quadri appesi alle pareti della casa del protagonista, Marcello Mastroianni. Dal quadro di Sironi a Giorgio Morandi, pittore a cui Antonioni era particolarmente legato per la sua purezza, serietà e profondità. “Per quella sua dimensioni esclusiva dello sguardo, – sottolinea Flavio Caroli – Antonioni era innamorato della pittura e ne ha cominìciato a farne un largo uso subito e tutto questo io l’ho intuito già da adolescente, quando nel 1963 ero ai primi anni del liceo a Ravenna,  sono andato a vederlo girare alcune  scene di “Deserto rosso” con Monica Vitti accanto ad un carretto della frutta. Ho bigiato la scuola. Il primo giorno vedo che dipingono le pareti di grigio e Antonioni non era contento. Il secondo giorno dipingono la strada e Antonioni non era contento. Poi di seguito, il carretto, la frutta e infine l’uomo della frutta e finalmente girano. AlOA08mlora ho capito che il problema, non era il colore realistico ma il colore-stato d’animo, quel grigiore universale”.Nel 1980 quando ha realizzato “Il mistero di Oberwald” ha anticipato i tempi utilizzando la tecnica digitale per modificare i colori del paesaggio, voleva sottolineare che i sentimenti degli uomini colorano il paesaggio e anche qui diventa il paesaggio-stato d’animo. 

Antonioni è uno dei padri della modernità cinematografica. ” Scopre che i colori della natura sono anche i colori dell’anima, è una teoria che lui ha formulato ed è stato un pioniere nella storia del cinema, perché  l’ha applicata nei suoi film”. Con “Zabrinskie Point” nel 1970, la sua eplosione universale, realizzata con la tecnica dello slow-motion, dove tutte le forme volano, creando l’immagine del caos, l’ha fatta proprio per citare l’americano Pollock e la sua arte pittorica. E ancora un’incredibile immagine di colline con sabbia e figure umane che si abbracciano e scivolano, rotolando dentro l’ambiente naturale, confondendosi con esso, chiaro rimando a Mario Schifano e al suo “Tutti morti” dove la scena è la stessa.

Bisognereb12 - Mondrian Estate, Duna in Zelanda.800x600be chiedersi chi cita l’altro?

E il viaggio delle citazioni clamorose continua in “Professione Reporter” del 1975 dove la dune diventa forma assolutamente essenziale, fatta solo del rosa del deserto e dall’azzurro del cielo, come in Mondrian dove la sintetizzazione massima è proprio nelle dune e nel blu del cielo. Un omaggio diretto. E ancora il particolare sfondo rosso con un accenno di bianco come nel quadro di Schifano dove viene dipinto un fondo rosso con alcuni richiami della scritta Coca Cola.

Film che segnano la nascita di un nuovo modo di fare cinema, sia in termini narrativi che estetici, accostando la pellicola a opere di grandi artisti, come De Chirico, Morandi, Rothko, Pollock, Burri e Vedova, e offrendo un inedito e suggestivo dialogo tra film e pittura, filosofo assoluto nell’affermare che la dimensione dell’occhio permette di capire, possedere e amare tutto il visibile, offrendoci contemporaneamente gioia.

coca_cola_mrs_33_hiVisioni palpitanti che Flavio Caroli ripercorre nella parabola creativa di Antonioni, attraverso un suggestivo dialogo tra film e pittura.


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DONNA l’altra metà dell’arte


Art news è un luogo televisivo per parlare di arte ma, anche di donne.  Tra poco è l’8 marzo e allora parliamo di donne, oggetto e soggetto dell’arte;

Uno sguardo storico al rapporto tra donne e fotografia attraverso una mostra al MoMA di New York, “Pictures by women: a history of Modern photography”, una raccolta di 220 fotografie di donne.  Durante i 170 anni della storia della fotografia, le donne hanno assunto un ruolo sempre più importante, dando vita a diverse sperimentazioni. La mostra presenta una selezione di fotografie memorabili scattate da donne artiste. Dagli scatti romantici del passato, all’evoluzione tecnologica dove la donna capisce che può esprimersi e che l’obiettivo della macchina fotografica  “rivela e svela”, per arrivare alla donna contemporanea che da vita a nuovi scenari interpretativi.

L’arte può essere impugnata come un’arma contro le ingiustizie e le discriminazioni. Lo sosteneva la contestazione femminista quarant’anni fa quando perseguiva un obiettivo di liberazione attraverso azioni scioccanti e provocatorie. Una delle sue più incisive pioniere  è Valie Export, un simbolo della trasgressione che utilizza l’immagine per denunciare la  violenza e la sopraffazione sul corpo della donna. Lungo una strada affollata una donna giovane e bella porta a spasso un uomo al guinzaglio; la stessa donna seduta a gambe aperte in una tuta di pelle nera con un buco tra le gambe, ben visibili la vagina e i peli pubici, punta un revolver contro l’obiettivo; ancora la stessa donna in mezzo a una piazza invita i passanti a toccarle il seno nudo nascosto da una scatola che tiene attaccata al busto. Sono rimaste nell’immaginario collettivo le provocatorie performance dell’artista viennese Valie Export a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta e oggi la Export è diventata una delle artiste più influenti del mondo. L’artista mediale e performativa, è anche in questo coerente con il nome programmatico che si è scelto all’inizio della sua carriera: Valie Export, ossia esportatrice di valori, di trasformazioni, politiche e mediali al tempo stesso. Femminista radicale e creativa, è chiaro che rifugge quei modelli estetici statici e noiosi di bellezza femminile ancora così dominanti nel mondo mediale moderno per affrontare spesso i temi della sofferenza psichica e fisica di voci femminili poco ascoltate ma, sentite e l’intensità del suo lavoro non finisce di stupire.

Una donna particolare, un uomo particolare, una giornata particolare…un film che ha fatto epoca ripresentato ai giovani a Roma, racconta il breve incontro tra una massaia e un omosessuale durante una Roma in festa per un altro incontro, quello tra due dittatori, Hitler e Mussolini. Nel momento di pieno consenso ad un regime che di lì a poco avrebbe portato il Paese alla catastrofe. Un uomo e una donna in un disagio sottile come un ricamo in un film che rievoca lo squallore dei tempi fascisti alla luce delle idee attuali del femminismo e del fronte omosessuale.

Nella storia dell’arte la donna ha fatto passi da gigante, poco si conosce della loro attività creativa in passato, nella percezione comune, la storia dell’arte è quasi interamente opera di artisti maschi, e per di più spesso attivi per committenti o per collezionisti a loro volta di sesso maschile. Solo nel tardo ‘900 la presenza rosa si sparge anche nel mondo dell’arte, sino alle cyberartiste post-contemporanee presenti oggi sul web, esse sembrano fra loro legate dai fili di un destino sociale sempre pronto a spingerle nell’invisibilità, ai margini, lontane dal centro. La quasi assoluta assenza di donne artiste nella storia dell’arte occidentale, e la invece massiccia presenza di artiste negli ultimi decenni ci fa dunque affermare che l’arte possa farci crescere perché è sempre un po’ più avanti del pensiero comune e  che oggi potremmo essere appagate, soddisfatte di questa presenza estesa di voci femminili. Lo siamo ma non basta. Donne al potere o in corsa per divenire tali, donne protagoniste della moda, dello spettacolo, normalizzano in un’apparenza solo superficialmente appagante ma, pongono le premesse, della ricerca, della sperimentazione dell’inedito,  nel senso di quello di cui ancora non si è fatta sufficiente esperienza.


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BENVENUTI ad ARTNEWS


E’ sabato pomeriggio e la Tv manda in onda l’appuntamento settimanale  interamente dedicato a chi vuole approfondire la sua passione per l’arte e la cultura: ARTNEWS il magazine di Rai 3, condotto in studio da Maria Paola Orlandini, fornisce al telespettatore informazioni sull’arte contemporanea: news d’arte , mostre ed eventi, artisti, gallerie, musei, edizioni, libri, insomma un viaggio nel bello e una rapida mappatura del mondo dell’arte.

Tra Austria, Svizzera e Italia si consuma la parabola artistica di Giovanni Segantini, pittore della luce e dei paesaggi. Una vita lontana dal frastuono delle battaglie di quegli anni risorgimentali, ma intrisa di quella mistica della libertà che ne fece un apolide (per un errore anagrafico),  indifferente agli agi e alla ricchezza. Basilea presenta al pubblico una mostra dedicata all’opera di Giovanni Segantini. La Fondation Beyeler intende celebrare in questo artista un pioniere del linguaggio moderno.

Per molto tempo Segantini fu considerato un rappresentante della pittura idilliaca, il “pittore delle montagne”, finché la sua evoluzione artistica e le altre opere grafiche  non chiarirono la sua eccezionale posizione all’interno del divisionismo italiano e misero l’accento sulle straordinarie qualità pittoriche del suo lavoro. Una logica che lo spinge in alto, sempre più vicino alla luce sovrannaturale che avvolge le limpide vette montane. Questo anelito caratterizza in modo unico e singolare le sue opere, dai primi quadri con scene di vita milanese, ai dipinti dedicati ai laghi briantei, ai quadri divisionisti sulla vita contadina,  per giungere infine ai paesaggi alpini scintillanti di luce dell’Engandina. Tra le cime, Segantini cercava luce, nitore e spiritualità, febbricitante visionario in  cerca dell’abbaglio della luce.  Il paesaggio alpino era per lui un luogo mistico, la cui forza impressionante si riverbera direttamente nei suoi dipinti.

Il pubblico è invitato a intraprendere un viaggio che prende avvio dalle prime opere realizzate a Milano e procede in un continuo crescendo in una  progressiva scelta di soggetti ispirati all’alta montagna va di pari passo con l’aumento delle dimensioni dei quadri e della loro qualità pittorica.

 

C’è stata  un’epoca dove Roma era al centro degli interessi di tutti gli artisti, nel 700’ tutti  arrivano a Roma, capitale incontrastata del Neoclassicismo, il baricentro dal quale questo nuovo gusto si irradiò per tutta Europa. Capitale del Grand Tour, come fu allora chiamato il viaggio in Italia intrapreso da nobili e ricchi borghesi, lo stimolo della scoperta delle vestigia di civiltà millenarie, in tempi in cui fioriva e si diffondeva l’interesse per la storia antica e l’archeologia; il Grand Tour era un momento essenziale della formazione culturale ed umana dei membri dell’alta società, una fondamentale esperienza di formazione del gusto e dell’estetica artistica, un’esperienza che andava ben al di là di quello che può oggi rappresentare un semplice viaggio di piacere, in tempi di turismo di massa. Un ‘epoca che finisce con Antonio Canova il maggior artista italiano ad aver partecipato alla vicenda del neoclassicismo con la sua visione della scultura  come  atto finale, sintesi di una ricerca che innalza anche i bozzetti, i disegni preparatori e i monocromi a vere e proprie opere d’arte autonome che svelano l’innata capacità di concepire il marmo come “viva carne” e sottendono la volontà di superare la consistenza materica della scultura dando voce e sentimento alle sue creazioni. Le sculture di Canova sono realizzate in marmo bianco e con un modellato armonioso ed estremamente levigato. Si presentano come oggetti puri ed incontaminati secondo i principi del classicismo più puro: oggetti di una bellezza ideale, universale ed eterna. Un gusto che entra in tutti gli oggetti, dai vestiti ai mobili, dall’architettura alle opera d’arte, tutto è visto sotto l’antica luce della gloria romana.

caravaggioOspite in studio Eugenio Lo Sardo, direttore dell’Archivio di Stato di Roma, ci racconta gli scoop che alimentano il mito, del grande Caravaggio. Una mostra unica, dal taglio innovativo, per conoscere gli aspetti meno noti di Michelangelo Merisi, attraverso documenti originali restaurati che gettano una nuova luce sulla vita di Caravaggio.  Novità sconvolgenti e che riscrivono la biografia del pittore, riconsegnandolo alla storia anche nella luce insolita di uomo anarchico, spirito libero, compassionevole e con un sensibilità straordinaria che lo conduce alla nota aggressività.

La vita di Caravaggio in quegli anni viene rappresentata lungo un itinerario espositivo che ci dà una straordinaria visione d’insieme dove ai documenti si affiancano alcuni quadri del Merisi.

Quadri da leggere con gli occhi dell’anima, oltrepassando la tela per ritrovarsi, soli, davanti ad essi, piccole finestre che incorniciano mondi colorati, fatti di passione e amore.


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ART NEWS : NIPPON, ROM e FAI


In questa puntata di Art News in onda su Rai 3, un servizio da Lugano sull’arte e la fotografia giapponese, un reportage sulla mostra a Firenze “8½ per celebrare cento anni di Trussardi” e l’intervista a Marco Magnifico, vicepresidente FAI.

Ospite in studio il compositore, cantautore, Santino Spinelli – in arte Alexian – è un Rom italiano, appartenente alla comunità romanès che utilizza la musica per non farci dimenticare la persecuzione razzista subita dal suo popolo. durante la seconda guerra mondiale.   Una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni, ricca di cultura e tradizioni, dove la musica, il canto e  la danza diventano elementi artistici che permettono di rappresentare i sentimenti più profondi dell’essere umano, stabilendo chiavi di comunicazioni che superano il campo della razionalità. In ogni canto, danza, gesto o interpretazione si possono rintracciare un’infinità di esperienze passate, di sentimenti di ogni tipo e messaggi che sgorgano dalla parte più profonda dell’essere umano.

A Lugano, l’arte e la fotografia giapponese, la tecnologia che  incontra la perfezione tra mito e realtà, la cultura di Araki uno dei fotografi più conosciuti al mondo in mostra al Museo Cantonale d’arte con “Love and Death”.

L’arte giapponese ha da sempre esercitato un grande fascino sulla civiltà occidentale. Perché ci appare lontana, esotica, ma nello stesso tempo vicina per il suo modo di sentire più intimo. La fotografia di Nobuyoshi Araki, è uno degli esempi più alti dell’arte nipponica. Gli scatti dell’artista, con tutto il suo mondo, fatto di dettagli, di sensualità e di ossessione per l’immagine, che riempie ogni momento della sua vita, hanno capacità di unire cultura giapponese e istanze contemporanee  in una  serie di fotografie biografiche (Sentimental Journey e Winter Journey) che parlano del suo divorzio  con la moglie, di paesaggi urbani (Cityscapes), di cieli, fiori, cibo e nudi femminili (conturbanti e poetici) che più di tutti caratterizzano il lavoro di Araki.

Prima grande mostra collettiva organizzata dalla Fondazione Trussardi, 8½ riunisce negli spazi monumentali della Stazione Leopolda a Firenze,  le opere di tredici artisti internazionali, per festeggiare i cento anni della Maison Trussardi, nata a Bergamo come manifattura di guanti di lusso e storicamente legata a Milano. Da quindici, la Fondazione Trussardi porta proprio a Milano il mondo dell’arte internazionale. Parchi cittadini, palazzi antichi o cantieri dimessi sono stati il palcoscenico delle provocazioni di Maurizio Cattelan, delle performance di Tino Seagal, delle invenzioni di Paola Pivi. La Fondazione non colleziona opere ma aiuta nella produzione gli artisti, i quali sono stati invitati ciascuno a presentare un progetto in e per un luogo, che la Fondazione di volta in volta ha contribuito ad attivare, non solo producendo le opere, ma talvolta occupandosi di interventi di manutenzione sugli spazi.

Nobili ideali presenti anche in un’altra organizzazione italiana che opera con l’intento di salvaguardare il nostro patrimonio artistico, attraverso campagne di civilizzazione e recupero di opere uniche nel mondo. Il FAI – (Fondo Ambiente Italiano) è una fondazione nazionale senza scopo di lucro che si propone di contribuire alla tutela, alla conservazione e la valorizzazione del patrimonio d’arte, naturale e paesaggistico italiano. La missione è rivolta a promuovere una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni d’Italia, una tutela concreta  del nostro straordinario patrimonio artistico e naturale  che  si è tradotta negli anni nella salvaguardia, nel recupero, nel  restauro di importanti beni storici e paesaggistici.

Un pungolo e un esempio di “sostituzione” all’operato delle istituzioni politiche da tempo disattente e insensibili verso la cultura, ritenuta un inutile orpello. Un patto tra chi protegge e chi investe, dove tutela del patrimonio italiano e rilancio economico seguono la stessa logica: progettare assieme, in grande, nel segno della qualità e della bellezza italiana

Concetti espressi con convinzione, dalle parole di Marco Magnifico, vicepresidente della Fai, che accalorandosi afferma che è sbagliato seguire emblemi moderni quali i Lele Mora,  suggerendone altri, ad esempio, i Roberto Benigni…

Un modo senz’altro utile di intervenire sulle risorse artistiche italiane e un modo giusto per dimostrare che noi, sappiamo ancora fare cose belle.


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2011, ancora VOGLIA di ARTE in TV


Gennaio 2011, nuovo anno ma, stessa voglia di  vedere Art news,   il magazine settimanale di RAI Educational che si occupa di arte e cultura, un viaggio alla scoperta di eventi culturali e non solo.

Si è parlato infatti, della situazione e dei problemi legati all’aspetto organizzativo dell’arte in Italia, con il curatore di mostre Marco Goldin, titolare della societa’ Linea d’Ombra, dedita all’organizzazione e gestione di prestigiose mostre d’arte. Personaggio discusso, criticato perché pare condivida il culto della sua personalità con l’essere organizzatore di eventi che intrecciano aspetti dell’economia, dell’arte e della cultura e che gli permettono buoni  guadagni, controprova della stupidità (qualora ce ne fosse bisogno) contenuta nella frase: “Con la cultura non si mangia”!

Appuntamento con l’arte all`Istanbul Modern Art Museum che ospita la prima mostra in Turchia dedicata a uno dei protagonisti  della video arte: Kutluğ AtamanThe enemy inside me”. Una retrospettiva che ripercorre il lavoro dell’artista a partire dal 1999, storie di spessore e sofferenza, frutto del suo stesso passato fatto anche di carcere e torture a causa delle sue idee politiche. Un artista moderno che attraverso il suo lavoro ci mostra che la realtà è profondamente “cinematografica”, facendoci apparire l’arte di oggi come  indissolubilmente legata alle questioni sociali, culturali e identitarie della nostra società e come l’artista afferma: “Voglio mostrare che la vita stessa è arte, che è un modo di costruire e voglio mostrare come di fronte a una telecamera chiunque può costruire qualcosa.”

Numerosi i servizi di ”cronaca d’arte” a partire dalla mostra su Lucas Cranach, protagonista del Rinascimento tedesco, in corso alla galleria Borghese di Roma, illustrata e commentata dall’inviato speciale Prof. Paolucci. Siamo nel 1508 Lutero diffonde le sue idee e Cranach che è un propagandista luterano dipinge tele dal carattere ironico, trasgressivo, di straordinaria efficacia emotiva, gettando le basi di un’ iconologia protestante. La mostra propone per la prima volta al pubblico italiano la figura e le opere di Lucas Cranach, massimo esponente della rinnovata pittura tedesca del 1500 e  intende dare un’immagine complessiva della produzione artistica del pittore, artista di corte e innovatore, legato alle tradizioni fiamminghe ma contaminato anche dalle novità figurative del rinascimento italiano. Le sue donne seminude (fu considerato il pittore cinquecentesco del nudo femminile per eccellenza), inserite in contesti sacri e profani, sono inconfondibili: allungate, flessibili, prive di struttura ossea e per certi versi inquietanti.

Art news offre un viaggio mediatico nell’arte dei nostri giorni, un modo nuovo di fare cultura.


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APPUNTAMENTO con l’ARTE


Art News è a Parigi per una mostra su Jean-Léon Gérôme e a Firenze per un reportage sulla mostra “I Grandi bronzi del Battistero – Rustici e Leonardo”, l`ospite in studio è Giovanni Puglisi, presidente della commissione italiana per l’Unesco.

 

“Jean-Léon Gérôme – La storia in spettacolo” è  la prima monografia organizzata a Parigi dalla morte dell`artista nel 1904, mostra l`opera di Gérôme sotto tutti i suoi aspetti, pittore, disegnatore e scultore e sottolinea il singolare rapporto che egli mantenne con la fotografia. Un pittore le cui immagini dell’Oriente sono così esatte da metter il timbro della verità sulla fantasia, un pittore vero, contemporaneo, un grande artista che ha dovuto aspettare un secolo per essere esposto nella sua città.

Nell’esplosiva Parigi  osò contestare gli impressionisti  mostrando una ostilità verso quella che considerava una  “moda decadente” che gli costò l’etichetta di reazionario, proponendo dipinti con una  varietà di argomenti e di temi di grande originalità, fondendo il vecchio stile classico con la contemporanea obiettività del Realismo e  divenendo il precursore nell’immaginario europeo e americano dello stile dei colossal di Hollywood. Uno dei quadri più famosi e conosciuti in tutto il mondo è  “Pollice Verso” che è una frase latina, che significa “con un pollice alzato”, che veniva utilizzato nel contesto di combattimento dei gladiatori. Si riferisce al gesto della mano usata dagli antichi romani per esprimere un giudizio su un gladiatore sconfitto. Si tratta di una grande tela che parla dell’impero romano in tutta la sua gloria e la malvagità e raffigura le Vestali che abbassando il pollice decretano  la morte di un gladiatore caduto nell’arena.

Al Bargello a Firenza la  mostra che viene dedicata a Giovanfrancesco Rustici, scultore nato nel 1475 a Firenze, formatosi nel celebre Giardino di San Marco sotto la protezione di Lorenzo il Magnifico, erede di Leonardo, di cui fu allievo, collaboratore e grande ammiratore. Punto focale della mostra è il capolavoro del Rustici, la “Predica del Battista”, gruppo scultoreo di tre grandiose figure in bronzo alla cui progettazione e realizzazione partecipò Leonardo da Vinci e che fu innalzato sopra la Porta Nord del Battistero fiorentino nel 1511.

La mostra ricostruisce per la prima volta la personalità artistica del Rustici presentando una rassegna pressoché completa delle sue opere (invetriati, marmi, terrecotte, dipinti e altri bronzi di medie e piccole dimensioni), a testimonianza della sua grande versatilità tecnica e delle caratteristiche del suo stile. Opere suggestive che mostrano il modo di rappresentare la realtà dell’allievo di Leonardo e il grande desiderio di imitazione della potenza, della forza e della tensione presente nel talento del suo maestro.

Il presidente della commissione italiana per l’Unesco Giovanni Puglisi ci spiega che le opere artistiche italiane costituiscono una buona  parte del  patrimonio culturale dell’Unesco e che oggi dobbiamo salvarle dall’incuria dell’uomo, una guerra del bene contro il male, perché è un  “passato che si fa futuro”.

Cosa unisce la Ferrovia  Retica nei passaggi di Albula e Bernina alla necropoli etrusca di Cerveteri e Tarquinia? E i Trulli di Alberobello con i monumenti paleocristiani di Ravenna? Nulla, se non il fatto che queste meraviglie artistiche o paesaggistiche sono siti Unesco, in Italia, parte dei 920 che costituiscono il patrimonio mondiale.

A questi va aggiunto il patrimonio culturale immateriale, come le tradizioni orali, le lingue, le arti performative, le pratiche sociali e rituali, le conoscenze che riguardano la natura, l’universo e le abilità artigiane.

Eppure in Italia abbiamo una “lista rossa” di siti a rischio finiti nel mirino degli esperti Unesco come Pompei ad esempio, dove  c’è solo un archeologo responsabile di un intero Parco archeologico: “In Italia ci vuole una scelta strategica da parte della politica che consideri i beni artistici prioritari in quanto fonte di ricchezza e volano per l’economia. Quando avremo un governo che metterà la cultura tra le prime cinque priorità in agenda, allora potremo dire di esser diventati maggiorenni”.

Il nostro patrimonio non è adeguatamente sostenuto dimenticando che tale risorsa non solo fa arrivare denaro ma, il consumo del bene culturale è indispensabile al benessere dell’individuo, la ricerca del “bello” e il processo creativo, in tutte le declinazioni, producono benessere e l’industria culturale e creativa ci permette  di vedere il cuore di un artista che ha nascosto dentro l’opera, rendendo visibile quello che altri non vedono attraverso segno e/o immagine. L’arte è la dimensione che ci mette in relazione con le nostre emozioni, le nostre angosce o le nostre gioie.


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Una piccola Pompei nel cuore di Rimini e René Gruau, icona di eleganza e sensualità


Dopo duemila anni, ai turisti e non,  è offerta l’occasione di  ammirare nel centro storico di Rimini, il complesso archeologico denominato “Domus del chirurgo”.

Questo eccezionale sito archeologico venuto alla luce nel 1989 e consegnato alla città dopo 18 anni di paziente restauro, è giunto a noi grazie al crollo causato da un incendio, forse in relazione alle prime orde barbariche.

Mentre la vita cittadina scorre vitale e visibile dalle ampie finestre che seguono il perimetro del percorso, al visitatore vengono mostrati  i resti della strutture abitativa di un chirurgo romano comprendente, l’area dell’ambulatorio con annesso studio e stanza per i ricoveri,  bellissimi mosaici, un palazzo bizantino dalle grandi sale con mosaici policromi e i resti di una necropoli di epoca medievale.

Il visitatore è obbligato ad uscire dall’ambiente storico per arrivare all’adiacente Museo della Città e  poter ammirare la fedele ricostruzione della casa e la collezione di ben 150 strumenti chirurgici, eccezionale corredo chimico-farmaceutico, il più ricco mai giunto dall’antichità.

A raccontare la storia della città, oltre al vasto patrimonio di testimonianze del passato, la nuovissima sezione dedicata a Renato Zavagli Ricciardelli, in arte René Gruau, uno dei più grandi artisti pubblicitari del XX secolo, noto illustratore contemporaneo di moda e costume di origine riminese e recentemente scomparso.

La mostra ripercorre, attraverso una selezione di opere, anche inedite, dell’artista i quasi cento anni di moda vissuti da Gruau.

Un vero tuffo nel colore, nella grafica, nel sogno e nella fantasia che l’inconfondibile stile di Gruau, con le sue pennellate nere dal tratto sicuro e ardito, da cui nascono figure e oggetti del desiderio di eterna allure.  La sua tecnica ed il suo tratto risultano ancora oggi più efficaci di una fotografia o di un fotomontaggio.

Le sue sintesi grafiche sono il frutto di una sua personale elaborazione capace di rendere impressioni visive, tattili, sonore, attraverso un uso libero e nuovo della grafica, nuovi rapporti figurativi tra parola e immagine. Donne filiformi, dall’iconografia quasi espressionista, che interpretano un modello di eleganza senza tempo.

La sensuale raffinatezza dei segni, espressa da uno dei più bravi disegnatori di moda del XX secolo, raffinato maestro della comunicazione grafica e dell’illustrazione pubblicitaria, diventano vere e proprie opere d’arte, immortali nel tempo.

Visualizza altro: SUPERQUARK a Rimini e nel Golfo del Messico – Posted: 2 luglio 2010


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La luce di CARAVAGGIO fino al 13 giugno 2010


Da febbraio a  Roma si è aperta la mostra dedicata al celeberrimo, e celebratissimo, “genio lombardo” , nei 400 anni dalla morte di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, le Scuderie del Quirinale celebrano il pittore milanese con una retrospettiva forte di 24 capolavori.

In anni recenti, il gran numero di ricerche, studi, esposizioni e interventi sulle vicende biografiche e artistiche del Caravaggio ha confermato l’universale e crescente interesse intorno alle vicende artistiche del pittore e al suo ruolo cardine all’interno della storia dell’arte.

Un talento unico, inarrestabile, i suoi quadri irrompono come un fulmine a ciel sereno nel mondo chiuso e tradizionale dell’arte romana, in un tentativo estremo di avvicinare il sacro al mondo degli uomini, angeli, santi e madonne hanno i corpi di popolani, prostitute, ragazzi di strada. I tratti sono duri segnati dalla fatica, le mani e i piedi luridi.

La fama non smussa il carattere, orgoglioso e sanguigno del pittore, le dicerie dei suoi eccessi si moltiplicano come le denunce per aggressione, fino al fatto di sangue che lo trasforma in fuggiasco sino alla fine di suoi giorni.

E’ un pittore straordinario, il pittore della luce teatrale, suggestiva, tenebrosa, particolarissima, luce dovuta al cambiamento continuo delle condizioni atmosferiche, giungendo alla concezione dell’attimo della  luce da fermare sul quadro come uno scatto fotografico.

Nessuno seppe “dare luce al buio” come lui e  forse proprio grazie ad un’esistenza così travagliata, che si deve la grande carica emotiva che sprigiona dai suoi quadri.

Come su un palcoscenico il dramma va in scena, gli attori emergono dalla penombra delle quinte illuminati da un preciso raggio luminoso. I suoi protagonisti sono profondamente reali, sono modelli sottratti alla quotidianità;  la vita entra nell’arte, bella o brutta per Caravaggio merita di essere protagonista senza occultare nessun dettaglio.

La pittura del Caravaggio, non parte dal disegno, ma direttamente  dalla realtà, sua unica fonte di esperienza. Di qui la resa delle luci, delle ombre e dei riflessi, degli spazi, degli atteggiamenti sentiti nella loro interezza.

Luce, per affermare la pienezza delle forme e dei volumi, ma anche per drammatizzare i personaggi più umili, ogni espressione, ogni singolo gesto è arte plastica, espressiva, diretta, adatta ad esprimere un sentimento semplice e profondo della dura esistenza umana.

Per approfondire la conoscenza del pittore consiglio un  bel  libro di Giuliano Capecelatro : Tutti i miei peccati sono mortali – Mondadori, interessante versione  della vita e dello stile pittorico del Caravaggio.


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Il nudo di Roberto Bolle è emozione!


“L’arte non è mai casta, si dovrebbe tenerla lontana da tutti i candidi ignoranti.

Non dovrebbero mai lasciare che gente impreparata vi si avvicini.

Sì, l’arte è pericolosa.

Se è casta non è arte.”

(Pablo Picasso)

Nelle immagini realizzate per il volume «Roberto Bolle: An Athlete In Tights», fotografato da Bruce Weber, l’etoile è il soggetto di  una vera e propria biografia artistica per immagini. In questa monografia è possibile ammirare un Roberto che tende allo stremo una muscolatura impressionante e  mi fornisce l’occasione per  riallacciarmi alla notizia rimbalzata in questi giorni legata proprio al ballerino – Étoile della Scala e principal dancer dell’American Ballet di New Yor, che per qualche minuto si è esibito volteggiando solitario sul palco completamente nudo.

Il ballerino ha deciso di osare e di rompere ogni tabù. Una scelta senza dubbio difficile, che ha contribuito  ad accrescere il mito sulla perfezione statuaria del suo corpo.

Bolle: “Un po’ di imbarazzo c’è: nudi frontali non ne ho mai fatti, neanche in foto. Sarà un momento molto particolare, forte, ma non fine a se stesso. Spero che il pubblico apprezzi più l’interpretazione che la nudità”.

Il fotografo statunitense, Bruce Weber ha seguito questo ballerino  per tre anni, osservando, scattando, ritraendo, cercando di percepire e trasmettere nell’immobilità dello scatto la fluidità che è propria del movimento di questo straordinario “atleta”.

Anche noi, spettatori, dovremmo  fare lo sforzo di immetterci sullo stesso percorso emotivo di chi vive tali emozioni in prima persona. Trasformare il corpo di Roberto Bolle in un medium per veicolare emozioni, un corpo che da parte sua, si presta incondizionatamente alla causa per un risultato di rara forza espressiva.

La vera essenza dell’arte è la bellezza unita alla sensualità del nudo, spesso confusa con la volgarità. La nudità è sempre inquietante, istigatrice e sorprendente. Per questo l’artista, sia nella pittura, come nella scultura, nella danza o nella fotografia, incontra nel corpo nudo un profondo legame con la purezza dell’essere.

E’ la sensualità che stimola la creatività in tutti i sensi. E’ la sensualità che evoca l’amore, la passione e la creazione dell’uomo. Per questo la nudità ci colpisce tanto e così profondamente.

Roberto Bolle visto da Bruce Weber