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by Loretta Dalola


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La festa della terra


giornata-della-terraIo ci tengo. In occasione della giornata mondiale della terra, La7 mette in onda un programma che racconta attraverso emozioni, immagini, musica e storie, l’ambiente e il suo prezioso valore, Camila Raznovich e Pierluigi Sassi, il presidente di “Earth Day Italy “fanno da filo conduttore.

In 192 paesi del mondo, il 22 aprile, un miliardo di persone hanno festeggiato la 44esima giornata della Terra, quest’anno dedicata alla città verdi.  Un’occasione per riflettere sulla gestione sostenibile delle risorse a nostra disposizione ed educare noi stessi al rispetto dell’eco sistema in cui viviamo.  Un intento che si tramuta in energia, incanalata per  produrre un cambiamento di clima, ma non atmosferico, bensì sociale e culturale. Nel mondo siamo 7 miliardi e le nostre azioni determinano cambiamenti. Tutti dobbiamo cambiare, dalle imprese che devono adottare economie green, ai mezzi di comunicazione, che devono sensibilizzare le masse al cambiamenti per tutelare la terra, il nostro unico pianeta e anche noi stessi che dobbiamo cambiare abitudini per vivere in questo habitat, chiamato, terra.

Tantissime le iniziative – dice Pierluigi Sassimaratone, concerti e una mostra fotografica al Maxxi di Roma per  raccontare l’impegno di persone per tutelare e proteggere il nostro pianeta”.earthday

La mostra presenta le opere di 23 maestri della fotografia italiana che raccontano “gli Eroi della Terra”, ovvero i pionieri del cambiamento in armonia con l’ambiente, modelli di ispirazione per lanciare nel Giorno della Terra una chiamata alla partecipazione collettiva.

Arisa è tra i protagonisti dei festeggiamenti, insieme ai tanti eventi, più o meno piccoli organizzati in giro per lo Stivale.  La cantante sul palco dell’Arcimboldi fa da colonna sonora e testimonial dell’iniziativa. Seguendo l’esempio di Fiorella Mannoia e Khaled, protagonisti dello scorso concerto.

Il mio rapporto con la natura è imporatante, sono cresciuta in un posto che è solamente natura e attraverso di essa ho imparato come comportarmi nel mondo, cioè se pianti qualcosa prima o poi crescerà. Sono attenta all’alimentazione e preferisco mangiare cibi di cui sono sicura della provenienza. Sono figlia di genitori che coltivano quello che mangiano. Mi piace mangiare quello che è buono, cioè coltivato in maniera semplice”.

860milioni di persone sul nostro pianeta sono denutrite e per ogni persone denutrita ce ne sono due obese, e un terzo della produzione mondiale di cibo finisce nella spazzatura. Occorre mettere in atto un sano equilibrio.

Per il WWF, lo sfruttamento eccessivo del pianeta ci sta portando a superare i suoi limiti. Le montagne hanno un’importanza globale e coprono il 25% della superficie terrestre e il 60% dell’acqua potabile, dolce, viene dalle zone di montagna. Anche per la biodiversità le montagne sono fondamentali, il 25% della biodiversità terrestre si trova in zone montouse e il 5% dei cibi più importanti hanno origini montane: patate, riso, caffè, mele.

 Dal punto di vista politico l63c74553333de29451f0275b5ed202cb_giornata_della_terraa situazione è ferma ormai da diversi anni, visto che un secondo atto del protocollo di Kyoto è stato abbandonato sul nascere perchè boicottato da Cina e India. La nuova autocritica deve necessariamente coinvolgere tutto il mondo dell’ambientalismo. Il cambiamento climatico è una realtà che incombe sul nostro pianeta. Già ora la perdita di biodiversità e i cambiamenti climatici hanno superato i limiti e gli effetti stanno avendo conseguenze negative sull’umanità, causa stressa del problema.

L’unica speranza per riuscire a contrastare questo fenomeno devastante è un coinvolgimento per un cambiamento sociale. Una spinta dal basso che può modificare il sistema, Con le nostre scelte d’acquisto, con il comportamento nel consumo. Bisogna proporre delle contromisure con l’intento di modificare alla radice la concezione dell’economia. Avere consapevolezza e responsabilità sociale sono due leve strategiche anche per le aziende che intendono sviluppare un modello di business a lunga durata in grado di generare valore per se stessa e per la collettività. Bisogna assegnare un valore al capitale naturale per disincentivare il disprezzamento.

Adottare comportamenti ecosostenibili da attuare nella vita di tutti i giorni. Partendo dai piccoli gesti quotidiani.

Ecco il decalogo antispreco, 10 suggerimenti per dare un taglio netto alla produzione dei rifiuti:

  • Al supermercato, prediligere i prodotti sfusi e alla spina.
  • Imparare a cucinare anche con gli avanzi dei cibi.
  • Per conservare gli alimenti, usare i contenitori di vetro e no di alluminio.
  • Fare la raccolta differenziata.
  • In ufficio utilizzare Internet per inviare e ricevere documenti e limitare il più possibile il ricorso a prodotti usa e getta.
  • Regalare gli indumenti e i giocattoli non più graditi o buttarli nei cassonetti gialli.
  • Prima di gettare via un computer o un telefonino, valutare una possibile riparazione.
  • Smaltire in modo adeguato le apparecchiature elettriche.
  • Utilizzare buste di carta, cartone, iuta, biodegradabili o comunque riutilizzabili.
  • Non bruciare rifiuti.

terra-madre-dayPiccoli gesti quotidiani e una grande festa per sensibilizzare e raggiungere tutti, e produrre il cambiamento. Siamo 7 miliardi di persone le cui scelte di voto, acquisto e di consumo possono generare più cambiamento di quanto si immagini. E allora, rimbocchiamoci le maniche e  difendiamo l’ambiente che non è solo giusto ma, rappresenta anche una straordinaria opportunità per affrontatre la crisi economica e guardare al futuro.

 

 

 

 

 

 


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Scegliere come morire


showposterÈ l’Associazione Luca Coscioni a riaprire il delicato dibattito sul fine vita e sulle possibilità di scelta di come porre fine alla propria esistenza, ce lo racconta Tg La7 cronache.

C’è un dibattito prudente che divide da sempre l’opinione pubblica, sull’eutanasia  e sulla libertà dell’essere umano di avere il controllo sulla propria vita,  decidendo il confine dopo il quale una vita non vale la pena di essere vissuta. È  tra i più delicati e spinosi della nostra contemporaneità e  ha spaccato in due tracciando una linea tra Paesi che ne hanno riconosciuto la validità e Paesi che hanno continuato a bandirla come omicidio. A Roma si sono incontrati i parenti deeuthanasia-770x550i personaggi del mondo dello spettacolo che hanno scelto come  morire, li ha invitati l’Associazione Luca Coscione che da sempre si batte perchè il Parlamento appronti una legge.

La chiamano “morte all’italiana”. Su 30.000 decessi in terapia intensiva negli ospedali iatliani, il 62% avviene grazie alla comprensione dei medici che aiutano il paziente terminale a morire. Nessuna iniezione letale, semplicemente uno stop a terapie ormai inutili, che non ha nulla a che vedere con l’eutanasia. In ambinete medico viene chiamata “desistenza terapeutica”. I dati si riferiscono al 2007, nessuno li aggiorna perchè l’argomento è difficile da affrontare.  Sia Piergiorgio Welby sia Paolo Ravasin, hanno dovuto combattere anche loro come leoni per vedersi riconosciuto per legge il diritto ad avere un’ assistenza e una morte dignitosa, come accade nei paesi civili. Non l’hanno ottenuto.

Ogni anno i Italia si verificano 1000 suicidi e oltre 1000 tentati suicidi. ( fonte Istat)

Ci sono morti clandestini negli ospedaliMauro Cappato tesoriere associazione Luca Coscioni – nella disperazione domestica, suicidi, eutanasia dell’esilio di chi va all’estero, contro tutto questo, riteniamo sia preferibile la forza della legge  e del diritto, unico strumento per affermare la libertà individuale”.

eutanasia-australiaUna scelta non solo per le persone in fin di vita a causa di gravissime patologie ma anche per chi, anziano e malato, sente di non poter vivere con dignità. Carlo Troilo, Associazione Luca Coscione:”È il 10° anniversario del suicidio di mio fratello, Michele, che era un signore di 71anni, scapolo, malato terminale di leucemia. In realtà non si è suicidato perchè terminale, si è suicidato perchè ha avuto un episodio di incontinenza. Ha sentito di andare incontro a una serie di azioni che per lui, che era una persona molto riservata, schiva, elegante, era intollerabile e ha preferito farla finita”.

Per richiamare l’attenzione distratta dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica sulla inadempienza e l’opportunismo di chi ci governava e governa, l’Associazione Luca Coscioni e comitato promotore Eutanasia Legale, che a settembre ha presentato una raccolta firme ( 70.000) per una legge ad hoc ha promosso anche la conferenza stampa e proprio durante il suo svolgersi, arriva inaspettata la solidarietà del Capo dello Stato: “Il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita e eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia”… “Richiamerò l’attenzione del Parlamento su l’esigenza di non ignorare il problema delle scelte di fine vita”. Lo scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.image_resize

Il 60% dell’opinione pubblica, secondo l’Associazione si dice favorevole all’eutanasia,  è la politica che non è pronta, dicono i sostenitori della legge. Chiedono il giusto, una legge che garantisca il distacco dal respiratore qualora il malato (non solo lui) non fosse più in grado di sopportare la vita. “Vorrei veramente una legge, – dice la vedova Welbia tutto tondo, dove i cittadini possano scegliere per se stessi, se interrompere le terapie e passare alle cure paliative, dove il medico accompagna la persona a una morte dolce”.

imagesChiara Rapaccini, vedova di Mario Monicelli: ” Noi siamo sempre indietro, nei paesi più avanzati è successo. Nel mio caso sono qui, per motivi personali, politici, per appoggiare questa legge”.  A sostenere l’iniziativa ci sono anche loro i familiari di Mario Monicelli e Carlo Lizzani. Due grandi registi che a un certo punto hanno deciso di porre fine alla loro vita. Una scelta diffcile e purtroppo violenta perchè, dicono alla conferenza, in Italia, non c’è una legge.


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12 idee per la crescita


123Rai Educational, presenta 12 Idee per la crescita, un programma in onda la domenica alle ore 13.00 su Rai3.

A 12 idee per la crescita, Rai Educational incontra i protagonisti dell’economia e dell’imprenditoria italiana per capire insieme a loro i motivi di una paralisi della quale l’Italia sembra essere rimasta vittima e perché, anche difronte alle “idee” che ci consentirebbero con forza di risalire la china, spesso non corrisponde una altrettanto chiara e concreta azione indispensabile per ripartire.

Se ci troviamo questo straordinario panorama architettonico, invidiato da tutto il mondo, dobbiamo domandarci il perchè e come è nata questa virtù ambientale. È nata perchè dei committenti illuminati hanno capito che il loro potcabelere si sarebbe fortemente avvantaggiato dal fatto di rappresentarsi in maniera importante attraverso l’architettura. L’Italia  che ha vissuto negli ultimi decenni un contrasto politico e di potere dovuto ad una diversa visione di campo, oggi, vede  in  zone immerse nel verde alcune tra le più belle architetture industriali del terzo millenio.

Luca Zevi, architetto e urbanista:”c’è un fenomeno nuovo, che si è manifestato negli ultimi anni, le imprese leader del MadeinItaly, cioè imprese che hanno lanciato la sfida ai mercati internazionali, hanno avuto la necessità di rappresentarsi attraverso l’architettura”.

Aldo Cibic, fondatore Cibic work shop, ” È interessante vedere gli imprenditori che credendo nel loro lavoro e nell’investimento che richiede il lavoro, prestano molta attenzione allo spazio in cui le persone vivono parte della loro vita. Quando c’è un grande amore per la qualità che si produce, questa qualità è declinata non solo nel prodotto, ma nel luogo in cui si vive e si lavora”.

cucinellaPer riconoscere il territorio italiano attraverso i suoi modellatori per eccellenza: il lavoro e la fabbrica, dobbiamo ricondurci all’Italia delle Cento Città, l’Italia delle 3C ( capannoni, campanili e comunità). L’Italia dei distretti industriali  che  sta cambiando pelle, adattandosi alle nuove esigenze.  Tenuto conto anche dell’elevata mole di investimenti necessaria per competere sul mercato, quest’Italia si è raccontata e bene alla “13° Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia 2012” al punto che l’eccellenza dell’architettura italiana industriale è sbarcata ad Abu Dhabi con alcune centinaia di imprenditori italiani.

Luca  Zevi:Nel 2013 il padiglione italiano è stato chiamato a rappresentare il lavoro italiano e non solo attraverso i prodotti ma attraverso la qualità degli ambienti. Mi sembra un buon segno”.

Definita “olivettiana” in quanto a dimensioni e produzione, la tipologia dell’architettura italiana degli ultimi quindici anni destinata al settore industriale, si inserisce perfettamente nell’ambiente circostante, decentrando le grandi fabbriche rispetto al centro città, senza trascurare l’ambiente circostante e la vivibilità degli spazi interni. Un’idea coraggiosa che fa delle fabbriche del MadeinItaly, il cuore di un progetto dell’estetica indusKilometrorosso-1triale delle Cento Città del capitalismo del territorio. Un’evoluzione che lascia sperare in una nuova stagione dell’Italia delle Cento Città che, riprendendo la profezia di Adriano Olivetti, conduca a una ripresa economica caratterizzata dalla profonda riqualificazione di un territorio straordinario, che il liberismo dominante negli ultimi decenni ha inutilmente maltrattato.

Tra le architetture mostrate in occasione della mostra anche la nuova sede di Salewa progettata da Cino Zucchi, uno dei simboli del green building di Bolzano; o ancora l’architettura sostenibile progetta da Mario Cucinella per iGuzzini; lo stabilimento ad alta efficienza Ferrari di Maranello, al quale ha contribuito  Renzo Piano.  Jean Nouvel e il suo chilometro rosso dell’azienda leader di impianti frenanati, presso Bergamo, la Brembo.  La sede di Cabel Industry, firmata  Massimo Mariani Studio, la Italcementi, quinto produttore del cemento a livello mondiale  e molti altri progetti d’eccellenza.

02_Galleria_del_Vento_Renzo-Piano_loAllora se tutti ci aspettano a braccia aperte. Tutti vogliono mangiare italiano, vestire italiano. Siamo a tutti simpatici. Adorano il nostro patrimonio artistico. A quest’Italia che si affaccia nel terzo millenio  mancano le idee o la fase evidente di stallo politico ci impedisce di fare ciò che serve al paese affinché torni ad occupare un posto di primo piano nello scenario economico mondiale?


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Mi fido di te


PaneQuotidianoLa trasmissione che adotta questo titolo di puntata è Pane quotidiano, in onda su Rai3. L’ospite chiamato a dibattere il titolo è Don Gino Rigoldi, autore tra l’altro del libro “Ricostruire la speranza”.

Per raccontare don Virginio (Gino) Rigoldi non servono tanti giri di parole, basta guardare i fatti. 42 anni come cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, un’associazione “Bambini in Romani” rivolta all’aiuto dei minori a rischio di abbandono, membro della Commissione centrale di beneficenza della Fondazione Cariplo. Fatti che raccontano di una vita dedicata agli ultimi, agli emarginati, ai più bisognosi, insomma la vita di un uomo di Dio.

Abitavo dentro al carcere e cominciavo al mattino fino a sera tardi, dopo 15 anni ho preferito star fuori ma, mi sono portato il lavoro a casa”… Circa dodici ragazzi vivono con lui, in affido a rotazione. Scontano così la loro pena, in un contesto più domestico, diventando parte attiva della famigldownloadia che Don Gino ha creato insieme ai tre figli adottati che lo hanno reso pure nonno. Un modo decisamente rivoluzionario di vivere lo spirito cattolico. Un prete che non ha timore di combattere contro le troppe ricchezze ecclesiastiche, “le mitre ingioiellate, i macchinoni, le scarpette rosse, tanta ricchezza esibita mi ha sempre imbarazzato. L’insegnamento del Vangelo è un bel po’ lontano. Ora con papa Francesco le cose vanno molto meglio però. I professori della Chiesa non sono fatti per governare, hanno grandi idee, grandi filosofie, parlano bene, ma sul bene e sul male sono inadatti a qualsiasi decisone. Bergoglio sta riuscendo a fare quello che Ratzinger non ha fatto.”

Prete in prima linea con esperienze concrete che hanno plasmato il suo modo di affrontare la vita. “Ho un sogno, che la prima materia insegnata nelle scuole sia la relazione, il come si sta insieme, l’abitidine  a guardarsi e a riconoscersi, gli altri non sono nemici, sono alleati per una vita più bella. La scuola è il  posto migliore per aiutare i giovani  a crescere. Ricominciamo  a dimostrare amore per le nuove generazioni, fiducia nelle loro capacità e possibilità. Perché dare valore all’altro e costruire relazioni non è un gesto isolato, è un processo continuo che si deve percorrere con determinazione e volontà.  È grazie alla speranza che molte persone hanno potuto cambiare vita, anche attraverso percorsi tortuosi. Il mio lavoro è costruirdownload (1)e speranza”.

Cambiare è possibile, è il suo messaggio. La cultura della diffidenza è stata costruita attorno a noi ma è giunto il momento di ritrovare un po’ dello spririto caritatevole dello stare assieme. Sconfiggere la solitudine della nostra società  che non lascia spazio ai nostri quesiti, non permette di porci una domanda di senso. E’ una società basata sul consumo che annega il desiderio dell’uomo, soffoca la sua sete di infinito. La società più violenta che ci sia, che ci lascia soli, e soli ci si inaridisce.  E in un’epoca che vede in crisi le fondamenta della nostra comunità, la famiglia e la scuola non sono più capaci di educare ma solo di istruire.
Tanti giovani perdono la strada, smarriti nella  società liquida dell’amore di plastica, chimica chimera che attiva solo ormoni e dopamina, disprezzati da una società dove il lavoro spesso è  interinale o subordinato, usa e getta, navigato, soddisfatto e mai rimborsato.  Ma anche per questo stato di cose Don Gino ha la sua massima: ” Si comincia da uno per arrivare a dieci, è un ‘ingiustizia che fortifica e si viene a patti con la realtà”.

60webcg7E allora, Uomo moderno ritrova la purità dell’affetto e la semplicità dell’intenzione. Desidera, metti le tue passioni in movimento. Guarda la bellezza delle montagne, soffermati di fronte a un quadro di Raffaello, trova il coraggio di baciare la ragazza che ti piace. Vivi e dai vita alle tue passioni o avrai fatto solo finta di vivere.


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A Tg La7 cronache: Le scuole arcobaleno


showposterEra diventata la scuola simbolo dell’integrazione impossibile a Milano, l’Istituto di via Paravia torna a far parlare di sé con un progetto educativo multietnico, che funziona. Le telecamere di TgLa7 cronache sono andate al suo interno per approfondire la situazione. Gli studenti italiani stanno tornando sui banchi di scuola, gli ultimi saranno quelli pugliesi che riprenderanno l’attività scolastica il 17 settembre prossimo. Il suono della campanella del primo giorno alle elementari in via Paravia a Milano è già suonato. Istituto di frontiera, su 99 bambini, 80 sono stranieri, almeno 7 diverse nazionalità e lingue.

Anni fa c’era chi voleva chiuderla perchè il numero di italiani troppo basso. L’allora ministro dell’istruzione, Maria Grazia Gelmini, aveva messo il tetto del 30% per le presenze straniere. I genitori venivano dirottati verso altre strutture scolastiche. Nel 2011/2012 non aprì la classe prima,  perché non erano rispettate le percentuali di legge sulla presenza di un numero massimo di figli di immigrati in rapporto a figli di italiani.

Un’altra era. Nel 2012/2013, la riapertura.

integrazioneQuest’anno si sono formate due prime, 40 alunni di cui 30 stranieri che, con lo zaino in spalla hanno varcato il cancello di via Paravia, per andare a dividere il banco con compagni che non hanno mai visto prima. Il provveditore, ha affidato la scuola più multietnica della città, a un dirigente scolastico che fa dell’integrazione, il suo cavallo di battaglia: “sono nati in Italia – afferma Giovanni Del Bene, dirigente scolastico Istituto Cadorna – conoscono benissimo l’italiano, non hanno nessun problema, il discorso delle difficoltà di apprendimento e della didattica italiana nelle classi, non è assolutamente da prendere in considerazione” . Psicologo, iscritto all’albo, da 8 anni gestisce la scuola di via Dolci a Milano, cui gli stranieri sono il 30/35%. I progetti multiculturali hanno coinvolto l’Università Bicocca fondazione Cariplo e Associazioni di genitori e quest’anno si sono raccolti 250.000 euro di finanziamenti per l’integrazione europea.

“Io sono tra i genitori che sono convinti che sia una ricchezza e un’opportunità per i nostri figli, tra l’altro la maggioranza di bambini sono italofoni” dice una mamma, che,  abbandonati pregiudizi e stereotipi, ha saputo cogliere al meglio le tematiche della socialità. L’integrazione funziona anche tra le famiglie e se è un po’ difficile parlarsi alle riunioni di classe o lasciarsi andare nei corridoi, allora si creano occasioni per scambi più informali. ” Abbiamo portato i mercati all’interno del cortile della scuola – prosegue il direttore scolastico Del Bene – mercati a km0 della Coldiretti, in modo che davanti alle bancarelle, le mamme facendo la spesa si parlino. Abbiamo fatto dei corsi di cucina con dei premi per il piatto migliore e la regola era che i piatti lavorati dovevano essere di diversi paesi del mondo. Abbiamo anche aperto la scuola alle mamme che vengono a imparare l’italiano”.

Prodotti tipicfl9_125ai della campagna direttamente nel cortile della scuola, per avvicinare fin da subito i più piccoli al cibo genuino  ma anche, per favorire genitori e insegnanti che potranno così facilmente acquistare prodotti freschi direttamente da chi li coltiva o li lavora, tra una lezione e l’altra o mentre aspettano i bambini all’uscita. E il mercato non è che una componente di questo progetto sperimentale: ogni mese, per le classi vengono organizzati dei laboratori didattici in cui i produttori spiegano agli alunni l’importanza di un’alimentazione buona per sé e per il pianeta, basata sulla stagionalità e la filiera corta.

E così a cadenza settimanale, ogni venerdì dalle otto e mezza del mattino fino all’ora di pranzo si potrà fare quindi una spesa di tipo diverso senza dover impiegare tempo extra, tra un’attività e la successiva e capiterà di trovare la mamma in Jilbab che chiacchiera con un papà ingeniere, in giacca e cravatta che sta per andare in ufficio.  Scene che possono rassicurare chi inizia l’anno scolastico intimorito dai numeri.

In Veneto quest’anno i bambini indicati come stranieri iscritti alle scuole statali sono quasi 80.000 ma, oltre il 40% di loro è nato in Italia. In una società democratica e civile l’inserimento del diverso nella scuola e nella società è un diritto e un dovere. La diversità è una realtà nella nostra società ormai abbastanza diffusa, non sempre accettata ma molto complessa come fenomeno. Sembra strano che in una società che tende alla globalizzazione e all’intercultura ci siano ancora fenomeni di discriminazione e  di giudizio del diverso. Temi centrali per insegnanti, educatori, genitori, studiosi e per chiunque creda che una delle sfide più importanti della società contemporanea sia la questione della convivenza tra culture.lhub-scuola-multiculturale-620x360

J.J Rousseau : “L’uomo ha bisogno dello sguardo altrui”; cioè il diverso è necessario alla completezza dell’umanità stessa.


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La visione di Emergency a In Onda


In_Onda_-_LA7“Soffiano venti di guerra, si parla di un attacco ma sembra che l’opinione pubblica di tutto il mondo sia in letargo, come se pensasse che non è vero. Come se pensasse che si tratti di una guerra finta”…Così inizia l’intervista a Cecilia Strada  ospite di Luca Telese nel suo programma InOnda su La7.

 È Cecilia Strada, presidentessa di Emergency, figlia del medico chirurgo che nel 1994 fondò la Ong, che racconta che siamo circondati da guerre. “Siamo in letargo non solo al possibile, imminente attacco alla Siria, ma anche rispetto all’Afghanistan dove l’Italia è in guerra dal 2001. Viviamo in  un paese in  guerra ma, non ce lo ricordiamo mai. In Iraq per esempio ci sono decine di morti al giorno”.

gino_cecilia_stradaI chirurghi di Emergency conoscono da vicino gli effetti devastanti delle mine antiuomo perché ne curano le vittime.”In Afghanistan lavoriamo tanto, nei primi sei mesi del 2013 abbiamo avuto un aumento del 53% dei feriti rispetto all’anno precedente e il 70% in più rispetto a due anni fa” . Dunque la “missione di pace” italiana fa si che ci siano sempre più feriti di guerra. ” Abbiamo speso quattro miliardi, almeno ufficialmente, per ottenere che negli ospedali si registri un aumento di feriti. Difficile spiegarlo agli italiani, come fai a spiegare che in guerra muoiono i bambini e che la Nato ha commesso crimini di guerra, meglio fingere di la guerra sia finta”.

Occhi grandi e spalancati sul mondo, voce ferma e sicura. Ha ereditato dal padre la grinta e la tempra. Stessi ideali, stessi sogni, che devono scontarsi ogni giorno con la tristre realtà. ” Le conseguenze della guerra possono durare per sempre, le mine non finiscono mai. Noi curiamo bambini, che saltano, oggi, su mine sovietiche, bambini che sono nati dopo che i sovietici erano già andati via dal paese. Continuiamo a ridare braccia e gambe ai mutilati della guerra dell’Iraq. Persone che saltano ancora sulle mine italiane. Persone che hanno poi bisogno di fare e rifare le loro protesi, man mano che crescono, perchè si devono adattare al corpo che cresce. Quella delle mine è una guerra che non finisce mai”.

IRAQI BOY WOUNDED IN AIRSTRIKE LIES IN A HOSPITAL IN BAGHDADCecilia è chiaramente dalla parte dei bombardati. Gli anni trascorsi da volontaria nell’associazione umanitaria fondata dal papà la fanno schierare apertamente contro la logica della guerra. ” Le mine, servono non solo a mutilare ma a rendere l’individuo un peso per sempre per la comunità, perchè non potrà mai lavorare”.

Ma ci sono anche armi che non si vedono, le bombe intelligenti che la tecnologia ha creato, ordigni che non fanno danni ma, colpiscono solo i cattivi: “Non esistono bombardamenti mirati o bombe intelligenti, nelle guerre moderne il 90% delle vittime sono civili, se sono mirate, vuol dire che i civili sono il bersaglio e non l’effetto collaterale. Tutte le volte che sento un politico o un generale parlare di effetti collaterali, vorrei fargli un invito e sono disposta a pagargli il biglietto del viaggio, per venire a vedere uno dei nostri ospedali. Nessuno di quelli che votano o finanziano missioni di pace è mai venuto a vedere un ospedale in Afghanistan. Perchè quando uno vede in faccia un effetto collaterale, lo annusi, perchè la guerra è anche questo, l’odore della gente che brucia, allora è più difficile parlare di bombardamenti mirati e bombe intelligenti”.

Ma come si garantisce la pace? “Credo che la pratica dei diritti sia la cosa più giusta, più efficace e più economica per chi vuole portare davvero in giro per il mondo la democrazia e costruire la pace. Bene: facciamolo costruendo i diritti umani e non con le bombe. Perché costruire i diritti – e parlo evidentemente di costruire ospedali, scuole, creare situazioni per far lavorare la gente – costa infinitamente meno di una guerra”.

mine27Cecilia ha la determinazione di chi con quegli occhi ha visto la miseria, la devastazione e la disperazione delle guerre, e la voce sicura di chi ha compreso che un mondo migliore è possibile. Non è una lezione di morale ma di speranza che Cecilia persegue, vorrebbe provare a eliminare il commercio di armi. “Smettere di produrre armi e la partica dei diritti umani è quello che può portare la pace, perchè non provarci, visto che le guerre non hanno mai portato a durature democrazie, proviamo a fare altrimenti”.

Il rispetto dei diritti umani dovrebbe essere una regola per tutti i governi del mondo ed è quello più difficile da ottenere. ” Quello che vorrei vedere è che si ricominci con forza a fare un percorso diplomatico, perchè sotto, sotto, chiunque vinca la guerra, chi farà la fame son sempre gli stessi, il popolo”.

Non c’è vittoria che valga il sangue che è costata. Dwight Eisenhower


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Facciamo musica con Stefano Bollani


5389433-coverLa puntata registrata l’11/03/2013 e ritrasmessa ora, per il piacere dei telespettatori di Le Storie – Diario italiano in onda su Rai3 ha come ospite Stefano Bollani.  “Arrivato alla mia età – esordisce Corrado Augias – cerco di mantenere una vita decorosa, non ho particolari desideri, non provo invidia, salvo una, lei. Glielo devo dire, l’unica persona che invidio è lei, perché fa con maestria e la naturalezza che sappiamo, quello che io, ho invano cercato, faticosamente di acquisire”.

Puntata che parla di musica come il titolo del libro scritto da Stefano Bollani, “Parliamo di musica” , e che vuole spiegare il bello della musica. Con parole semplici, con il suo spirito libero, sfatando insidiosi luoghi comuni e svelando i segreti di un laboratorio fantastico, quello dell’improvvisatore. Un libro che fa cambiare atteggiamneto ver51RangeX2iL._SY445_so la musica, un approccio tranquillo che invita a trasgredire le regole musicali, perché convenzioni.

“Le note dipendono tutte da come vengono usate. L’idea che per capire la musica si debba per forza possedere un certo bagaglio culturale,  spesso è una scusa per pigri, o una medaglia acquisita sul campo per chi crede di essere fra quelli che la “capiscono”. Avere gli strumenti per godere della musica non significa conoscere né l’armonia né l’epoca in cui è stata scritta né il retroterra culturale del compositore, ma riconoscere qualcosa che abbiamo dentro e che risuona.”

Un libro che parla di musica comunque e da qualunque punto di vista. ” A me piacciono le voci maleducate, non educate, però personali  e alla fine mi piacciono di più del bravo cantante.

Bollani  è un vorace ascoltatore, dai Beatles a Frank Zappa, da Elio e le Storie Tese a Giacomo Puccini, da Bill Evans alla bossanova di Antonio Carlos Jobim.

Bollani è  un pianista che ci guida nella comprensione dei suoni e delle loro diverse chiavi di lettura, fino a farci scoprire che si tratta di un percorso dentro le nostre stesse percezioni nascoste. È un pianista che critica Beethoven perché anche lui viene venduto. “Io voglio dire, attenzione a non distinguere le cose artistiche da quelle fatte per essere vendute, perché, oggi, viviamo in un mondo dove le cose artistiche vengono vendute a caro prezzo, vedi l’arte contemporanea ma, a volte, le cose fatte per vendere sono di alto artigianato. Voglio dire che spesso si possono confondere. I musicisti fanno musica anche per campare e non c’è nulla di male a vendere la propria musica”.

Musica alta e bassa, un mito da sfatare, perchè ormai camminano insieme.

Bollani è essenzialmente un pianista jazz che non rifugge altra musica, spazia in un repertorio ampio purchè passionale. “Si può cantare con un’intonazione approssimativa anche senza aver studiato canto e le tecniche della respirazione così come suonare, come facevano gli uomini primitivi, cantavano e suonavano, dopo noi abbiamo organizzato tutto. Molti esperti di musica continuano a mantenere in  un recinto per pochi la musica. L’unico loro interesse è quello di sentirsi più bravi, e questo vale per tutte le branche della cultura, nel senso che l’interesse per chi scrive un libro e vuole sentirsi un grande scrittore è quello di sentirsi dire che è diverso da Federico Moccia. Essere un musicista è lo stesso. In realtà basterebbe scendere i campo e dimostrarlo. Essere diversi non comporta chiudersi in un palazzo e dire sono bravo”.

Bollani piano piano, prova a smontare una serie di luoghi comuni, che invece di avvicinare la gente alla musica finiscono per allontanarla. Anche perché per Bollani i generi musicali sono nati eslusivamente per poter parlare di musica ma spesso finiscono per creare barriere che spaventano l’ascoltatore. Questa visione della musica limita le nostre possibilità di ascolto. Lasciamo che aumenti il nostroth_im_1320857467-stefano_bollani modo di percepire la musica, così permettendoci di oltrepassare i confini dettati dal nostro orecchio occidentale per entrare in contatto con altri suoni, altri ritmi in una esplorazione nuova.

Forse la vera lezione che ci vuole trasmettere Bollani è che di musica non si dovrebbe parlare, parlandone ce ne allontaniamo. La musica va suonata,  va ascoltata e basta.


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Book show, evviva la Tv!


481080_366958803408204_663541905_nConfesso,  sarò poco obiettiva o meglio sarò di parte perché il programma visto è una produzione originale e travolgente. Trenta minuti di televisione che soddisfa e che va assolutamente raccontata, come una sorta di responsabilità, per  aver visto qualcosa di bello da dover condividere e che se tenessi per me sarebbe sprecata. Un programma di nicchia che dimostra che la televisone è divulgazione di sapere e che la lettura può essere spettacolo.

” Per diventare poeta, come diceva Pier Paolo Pasolini, ci vuole molto tempo, per diventare lettore, invece basta un attimo”, benvenuti a Book show, il programma che parla di libri girando l’Italia e che  fa scoprire storie nuove, fa vedere che faccia hanno gli scrittori e cosa leggono davvero gli italiani. In questa puntata l’attrice e lettrice Carolina Crescentini accompagna lo spettatore nella sua Roma, raccontando i libri che le hanno cambiato la vita. ” È la sua biografia ma, è anche di più, è la storia di un uomo che non ama quello che hanno scelto per lui ma, combatte e va avanti”. Parla del libro appena letto, ovvero di Open di Andre Agassi che è stato il caso editoriale del 2011. La storia lucida e durissima di una star del tennis che ha sempre odiato giocare a  tennis e che per molto tempo ha odiato anche se stesso. ” È un atleta che da contratto è costretto ad affrontare delle avversità, che no195945976-cd330ee7-fd13-419b-8040-407e5b439763n sono degli ostacoli fisici ma, sono la pressione e lo stress della competizione”.

…semplicemente lasciar perdere, non giocare più a tennis, ma non posso…questo conflitto mi appare come il divario della mia vita…legge Carolina, seduta in un angolo della Roma che ama.

Siamo quello che scriviamo e quello che leggiamo, lasciamo impronte del nostro passaggio tra vicoli e giardini come orecchie fatte alle pagine del libro che amiamo e che a volte ci cambiano la vita solo perché ci assomigliano un po’. Leggere un libro significa condividere una storia, con chi l’ha scritta, chi l’ha già letta e chi la leggerà in futuro. Con questo spirito un gruppo di autori, guidati da Daniele Di Gennaro e Marica Stocchi lanciano una sfida su Sky Arte HD: tenere insieme cultura e intrattenimento.  Ogni domenica pomeriggio, ad accompagnare i telespettatori in un viaggio attraverso il piacere della lettura c’è un attore diverso, in una città che cambia ogni settimana.

È la volta di Momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo, “dove ci sono due personaggi che si devono dare un appuntamento però, c’è sempre uno che cerca di dare l’appuntamento sempre più vicino a casa, ecco io sono così e non è un bene, però vi ho portato a Trastevere. Amo questo posto perché è Roma ma sotto, nessuno ci guarda davvero, sopra vanno tutti veloci qua il tempo è fermo”. Siamo a Roma la città frenetica e indolente, cinica e sfacciata come i sonetti del Belli, coraggiosa ma vile, forte e fragile. Roma, come diceva Gogol, è la città dove ci si innamora lentamente ma per sempre e se è vero che una città la si scopre attraverso i suoi vicoli e tra le righe delle sue bellezze, Book Show ha cercato di scoprire Roma attraverso i suoi lettori. Ecco allora scorrere, davanti all’obiettivo,  i volti dei romani e ognuno  di quei volti anonimi, ci  lascia un pezzettino di sé, attraverso il suo riassuntivo rapporto con i libri: ” La lettura è una delle piccole cose che merita di essere coltivata – L’ultimo libro che ho letto, Gomorra – Ratzinger, sull’infanzia di Gesù, però pesantissimo – Quando ho cinque minuti liberi, mi metto a leggere – Quando ci sono situazioni che mi intrigano, riesco, anche quando cammino, a leggere – Mi piace proprio il rapporto con il libro, fatto di carta, andare in libreria a sceglierlo, toccarlo – Adoro il fantasy – Uno dei libro più belli, che sto leggendo adesso è Guerra e pace di Tolstoj.

946752_367388023365282_975687684_nLeggono i romani e lo fanno ovunque anche sui mezzi pubblici, mentre vanno al lavoro ma, c’è anche chi, come Carolina sceglie un suo angolo segreto, un luogo speciale dove trovare intimità con la sua città, ammirando Roma tra una riga e l’altra.  I dati del 2012 dicono che più della metà dei capitolini legge almeno un libro all’anno e che uno su cinque ne legge uno al mese, con una forte preferenza per i classici. Sfogliando poi le classifiche di vendita degli ultimi anni le biografie vanno a ruba. Tra le più fortunate, Alex Zanardi con …però Zanardi da Castel Maggiore! che non è soltanto la biografia di uno sportivo ma la potente testimonianza di un uomo che dopo aver perso tutto è riuscito a reinventarsi. Diverso è Life di Keith Richards dove il chitarrista dei Rolling Stones, racconta in modo rocambolesco come ha salvato la band dallo scioglimento.

Trasformarsi, correggersi, quanto la lettura di un romanzo può influenzare chi legge? Quanto un libro può cambiare la vita? ” Un libro speciale si chiama,  Resisto Dunque Sono di Pietro Trabucchi, –  continua Carolina – è un saggio su un concetto molto importante e fondamentale, che si chiama, resilienza, che è quando stai cercando di perseguire un obiettivo, di fronteggiare le difficoltà cercando di trasformarle semplicemente in gradini da scalare”.

…leggiamo il mondo in un modo sbagliato e diciamo che esso ci delude!

lib-intraprendenti-altroquando_mg_03033Leggere e rileggere può essere piacevole, coraggioso, a volte masochistico, ma è un privilegio assoluto degli esseri umani. A Roma c’è addirittura una libreria alternativa, dove ti consigliano cosa leggere. Altroquando, a due passi da Piazza Navona,  reca in vetrina un cartello: Siamo molto aperti! ” Nasce molto informali e molto tranquilli, dice Alessandro Alessandroni, non c’è quella sacralità del libro e quindi quella paura di dover entare in silenzio e fare la domanda sbagliata al comemsso o di chiedere un libro tropo poco impegnato. Per noi il libro è piacere, leggere un libro è come bere una birra”. Libreria di poposta dove i libri vengono accompagnati da convivialità e amicizia, un luogo veramente suggestivo per il suo allestimento. A parte il mare di libri,  i muri della libreria sono quasi interamente coperti di scritte, probabilmente di alcuni libri…si potrebbe dire un “imbrattamento culturale”, con un angolo bar  che viene utillizzato per la presentazione di libri ma anche piccole feste. Un atteggiamento diverso verso i libri che possono diventare, forse anche un incontro, una finestra su storie e personaggi che ci sorprendono.

book-show74“Avete mai pensato che la frase di un romanzo fosse stata scritta apposta per voi? Come se uno sconosciuto ci conoscesse meglio di noi stessi? Come quando camminando per le strade ci rendiamo conto che le memorie che ci hanno  preceduto sono anche le nostre, uno stato di grazia che ha ispirato tanti scrittori che hanno vissuto e scritto”.


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Sincretismo, le molte vie dell’anima


5389433-coverPuntata che inizia con una parola: sincretismo, quella che ci attende nello studio de Le Storie-Diario italiano.  Corrado Augias, parte da Plutarco, che utilizzò per primo il termine , intendendo con esso, la capacità che avevano i cretesi di coalizzarsi e mettere insieme parecchie correnti di pensiero, superando le differenze e prendendo punti in comune da tutti. Varie forme di sincretismo sono state attribuite a varie popolazioni, oggi, questo termine è usato anche in senso spregiativo ma continua ad avere in  se  il concetto di capacità di fondere, pebarlaam.jpg_1r esempio diverse religioni.  La nostra civiltà non reprime soltanto gli istinti e la sessualità ma anche ogni forma di trascendenza, che si allontani dal credo cattolico. Negli ultimi anni però, nuove sensibilità religiose, connotate come una ricerca di autentica esperienza spirituale vissute in prima persona, senza intermediari, attravesro un lavoro interiore che coniughi insieme contemplazione e azione sono emerse anche nell’occidente. Una preziosa occasione per scoprire attraverso un terreno vergine e non minato da pregiudizi, la dimensione del sacro, presente in ciascuno di noi.

Ospite in studio, l’autrice del libro, Storia di Barlaam e Ioasaf. La vita bizantina del Buddha – Silvia Ronchey –  un “romanzo di filologia” che mostra come lo studio della tradizione dei testi possa toccare il cuore degli snodi culturali e, in questo caso, degli intricati rapporti fra Occidente e Oriente. La “Storia di Barlaam e loasaf” racconta di un principe indiano che, grazie agli insegnamenti di un anacoreta, fugge dal palazzo dove il padre l’ha rinchiuso per proteggerlo dai mali del mondo, abbandona il destino regale e avvia il suo percorso mistico-eremitico. Ioasaf è in realtà il nome del Bodhisattva cioè del Budda nella fase iniziale del suo cammino spirituale.  È un essere vivente (sattva) che aspira all’Illuminazione (bodhi) conducendo pratiche altruistiche. L’ideale del Bodhisattva, in quanto individuo che cerca l’Illuminazione per se stesso e per gli altri, è centrale nella tradizione buddista.

È la storia del Budda e dell’enorme diffusione che questo testo ha avuto, improntatando tutte le culture medievali e rinascimentali  in un intreccio di lingue, culture e religioni diverse.  “Il comportamento del padre – afferma la storica italiana – è sciocco perché nessuna storia nasce senza la cognizione del dolore e della morte, senza la quale se noi non ci poniamo in confronto, in antitesi, non possiamo godere, non possiamo provare il piacere, ne avere un’esperienza”.

InquisizioneAttualizzando la tematica, oggi, quando parliamo per esempio di scontro di civiltà, di fanatismo religioso, di integralismo, ci allontaniamo dall’essenza che sta alla base della spiritualità, dobbiamo guarire da questi stupidi assunti guardando al passato e alle cose come stavano fino all’avvento del medievo e  dell’idea medievale di uno stato teocratico, secondo cui la dottrina sociale della chiesa cattolica contiene in sé il modello della società ideale, una dottrina in base alla quale l’azione politica dei cattolici deve tendere a realizzare integralmente la propria concezione ideale, plasmando ogni aspetto della società civile sul modello dei principî della dottrina cristiana e rifiutando compromessi o alleanze con altre correnti ideologiche. Fino ad allora avevamo avuto una rete, un continuo ritornare di civiltà, di culture, di religioni che si sono parlate a vicenda, veicolandone altre in una convivenza pacifica e costruttiva.

“L’impero bizantino è durato tanto quanto la civiltà romana, poi  ha spostato, il baricentro a est, dove si è continuato ad avere un impero romano per quanto riguarda il diritto e la conoscenza dei classici, costruendo un’ alleanza vincente tra la cutura filosofica letteraria greca e quella politico-amministrativa-giuridica romana, una formula vincente. Un impero multietnico con al suo inetrno il DNA genetico dei romani, che ha proseguito il suo cammino fino alla fine del ‘900 con introduzione dell’islamismo”.

Secondo gli ultimi dati, 70.000 italiani si professano buddisti, 20.000 si sono convertiti ad Allah e quindi mussulmani, più di 4000 gli induisti, senza contare i 500 nuovi gruppi religiosi. A contribuire la successo dei nuovi credo, c’è sicuramente un effetto VIP. Sabina Guzzanti e roberto Baggio, per fare un esempio, dichiarano di essere stati fulminati dalla via che conduce al Budda. Per non parlare di Richard Gere, il bello di Hollywood, da anni sotenitore del Dalai Lama e del suo credo.

20834139tz6Ma cosa significa in realtà essere buddisti? “La fede buddista, non è una fede, che sono pericolose in molti casi, è un modo di vita, una ortoprassi, non c’è dogma, una filosofia di vita dove conta il comportamneto, un’ armonia del fare, della prassi”.

Comportamenti universali di qualsiasi religione dove, per religione, si intende il senso di legame che si ha con tutte le cose e con il mondo. Il buddismo è di più, è una grande ragnatela che si adatta a qualsiasi strato trovi, perché non ha dogmi, non bisogna dire “credo”, si adagia, trasparente, ordinante e confortante su ciò che trova. Una condizione vitale presente nella vita di noi persone comuni. Lo scopo della pratica buddista è di rafforzare quello stato vitale affinché la compassione ( cioè  il vissuto del desiderio del bene  nei confronti di ogni essere senziente) diventi la base di tutte le nostre azioni. Non viene perseguito in astratto o con l’unico scopo di migliorarsi o dare prestigio a se stessi: alla base di tutti questi sforzi c’è sempre la determinazione di togliere la sofferenza dalla vita degli altri esseri viventi, sostituendola con la felicità.


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Sotto il vulcano


logo-fuori-tgNell’appuntamento quotidiano di Fuori Tg, Maria Rosaria De Medici annuncia che “Stamm’ sotto ‘o cielo”, la filosofia di Napoli, per intendere che nulla è prevedibile e il nostro destino si gioca lontano dalle umane possibilità di controllo.

Fatalisti per abitudine i napoletani. Forse questo atteggiamento nasce anche dal patrimonio genetico ereditato dalla terra vulcanica del golfo partenopeo, dove tutto potrebbe essere sommerso da cenere e lapilli, come nell’antica Pompei. L’ultima eruzione è stata nel 1944 durante la seconda guerra mondiale, ora il Vesuvio è dormiente? Marcello Martini direttore dell’Osservatorio Vesuviano :”L’ultima eruzione è stata appunto nel ’44, come dire, pochi minuti fa dal punto di vista geologico. È dormiente ma va osservato e tenuto sotto controllo”. Perché il Vesuvio, anche se do6EC2B113-0155-CAF1-4902DA1C26F1A831_9rme, resta sempre un vulcano, tanto è vero che un osservatorio registra giorno e notte le variazioni nei segnali premonitori di terremoti ed eruzioni.

I napoletani sono scaramantici, ma la questione si è risollevata perchè la zona di emergenza è stata ampliata fino ad includere altri sei Comuni rispetto ai diciotto precedenti. Dunque la porzione di territorio considerata a rischio è stata estesa ad altri sei comuni della cintura vesuviana, arriva a comprendere anche tre municipi napoletani, i rioni Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio, nell’area orientale della città.

Perchè si è allargata la zona rossa attorno al Vesuvio? Questa zona è suddivisa in due livelli di pericolosità. Oggi si calcola che in caso di eruzione 800 mila persone avrebbero la cenere sui tetti, il peso dei lapilli potrebbe schiacciare le coperture degli edifici, quelli della zona rossa 2, mentre gli abitanti della fascia 1 sarebbero raggiunti in misura minore dalle ceneri del vulcano.

ospedale-del-mareCosa sta succedendo sulle pendici del Vesuvio?  Nascerà l’Ospedale del mare, pensato  per riunire tre ospedali ormai in pessime condizioni e anche se è urgente averlo, rientrerà nella zona rossa, quella cioè che dovrebbe essere evacuata prima dell’inizio di una eventuale eruzione del Vesuvio. Lo ha stabilito la Protezione civile nazionale che ha esteso i confini dell’area di massimo rischio anche a parte della zona orientale di Napoli, e, in particolare a Ponticelli dove appunto sorge il cantiere della grande struttura ospedaliera. Dunque l’ospedale (che per ora non c’è), è costruito nel posto sbagliato.  Questione di metri. Verosimilmente anche prima della nuova perimetrazione, la collocazione dell’Ospedale del Mare nella vecchia zona gialla, tecnicamente “a pericolosità differita”, non metteva al riparo la struttura e i suoi futuri ospiti dalla furia distruttiva del vulcano. A maggior ragione, oggi che è inglobato nella zona più pericolosa, è scontato che la certificazione del rischio massimo rinfocoli vecchie polemiche e perplessità sull’ubicazione di una così importante struttura sanitaria in un’area che, secondo lo scenario prefigurato dai tecnici e dagli scienziati, dovrebbe essere esposta al rischio da invasione di flussi piroclastici.  Negli scorsi anni, perplessità sull’opportunità di realizzare l’Ospedale del mare a ridosso della vecchia zona rossa sono state espresse da importanti esponenti della comunità scientifica come il geologo Franco Ortolani che ha fatto rilevare che la distanza del nosocomio in costruzione dal cratere del Vesuvio è di appena 7,7 chilometri. Gli effetti di un’eruzione sarebbero devastanti.

Comunque la nuova zona rossa pone anche altri interrogativi. Una eventuale evacuazione dei cittadini che dovrebbero essere trasferiti in case di emergenza in non più di tre giorni. Uno scenario da brividovesuvio se si aggiunge ora il problema dello spostamento degli ammalati.   Per questo occorre pretendere le massime garanzie sulla sicurezza del personale e dei circa 500 degenti. ” Bisogna dare informazioni corette  e precise – afferma Titti Postiglione, dirigente del volontariato e della comunicazione della Protezione civile – tutto sta nella capacità di gestione dei singoli comuni interessati, per noi l’obiettivo è non rivivere un’evacuazione caotica e non efficente, per fare questo abbiamo bisogno di alleati che sono i sindaci dei comuni”.  Nella zona rossa ad alto rischio vulcanico la legge regionale vieta l’edilizia residenziale,  ma non l’edilizia di servizio perché i servizi vanno assicurati.

E allora ai napoletani come d’abitudine, non resta che alzare gli occhi al cielo… La storia insegna o dovrebbe insegnare. Nel ’79 d.c. l’eruzione uccise migliaia di persone che si trovavano nell’area vesuviana e dopo quella più famosa c’è ne sono state altre disastrose, eppure le sue pendici dopo il progressivo abbandono si sono ripopolate fino all’abusivismo dei giorni nostri, nonostante il Vesuvio non abbia mai smesso di mietere vittime e non si parla solo di storia antica, ben tre di di queste eruzioni violente si sono verificate nel ventesimo secolo e lava e lapilli semidistrussero larghe zone. Dal 1944 il vulcano è silente e tenuto sotto costante controllo dall’Osservatorio vesuviano che registra tutti i segnali di attività. Il progetto che incentivava i proprietari con una rivalutazione delle loro case, e consententiva di costruire altrove, con autorizzazione a una cubatura maggiore, non è servito a nulla. Non ha dato i risultati che la Regione Campania immaginava perché in realtà sono state pochissime le adesioni arrivate. La popolazione di quelle terre vuole continuare a vivere li. Bisogna prenderne atto. E poi, se l’eruzione arriva?etna_eruzione Certo, ci saranno segni premonitori, scosse sismiche, la lava ci metterà un certo tempo a percorrere l’interno dell’imbuto vulcanico, ma alla fine bisognerà comunque scappare.

E allora? Stamm’ sott’o cielo…